Era possibile pensare senza parole?

Aveva dieci anni e inconsapevolmente viveva gli ultimi giorni della fiducia e della fede infantile nella perfezione dei suoi genitori. Erano solidi e indivisibili, inevitabili come la in cui vivevano. Si occupavano di cose importanti. Sapevano tutto ciò che gli adulti dovevano sapere.

La vita non è giusta Melina. Dobbiamo accettarlo Melina. E per alcuni la vita è più ingiusta che per altri.

Come sono arrivata a questo punto: con la vita che mi sfugge tra le dita, abbandonata in un luogo sconosciuto senza punti di riferimento? Quand’è che ho perso la capacità di farmi capire? Ed è capitato tutto così in fretta.

‘I ponti erano in posti diversi, e forse anche verso una vita diversa. Rappresentano la possibilità, la speranza’ poi si rese conto che la sorella non capiva ‘la promessa di qualcosa di meglio, sull’altra via.’

La nostra immaginazione può renderci molto più sopportabili le cose brutte.

Riconoscetegli la dignità di individuo; concedetegli un’attenzione completa e assoluta.

Sentivo che stavo nuotando contro le correnti della mia stessa vita e n sapevo più come tenermi dritta.

Il lavoro può essere fagocitante e molto adattabile, lo sappiamo entrambe. Con un po’ di buona volontà, lo si può plasmare in modo che nasconda i grandi vuoti della vita. Può arrivare a riempire le ore di buio, oltre che quelle di luce. Lo si può far passare con un fine in se, anche quando, in realtà, è una semplice urgenza. E ho scoperto che funziona il più delle volte. Diventa sia lavoro che passatempo.

Il lavoro le aveva restituito una solidità che aveva perso da tempo.

‘A volte le cose… si complicano quando soffriamo’

Certe volte l’ignoranza è una benedizione, come lo è sapersi accontentare, o la fiducia cieca nel fatto che, nonostante tutto, le cose si sistemeranno.

‘I sentimenti possono cambiare’ disse ‘ ma è importante sapere che l’amore è una decisione. E che niente è più importante della famiglia’.

Il lavoro aiuta a placare le emozioni. Io e te lo sappiamo bene. Mi preparai a buttarmici a capofitto.

La gente non ha idea di quanto vedano, di quanto intuiscano i bambini.

E’ stato il primo libro di questa autrice e non mi è molto chiaro perché non mi ispirasse. Quando ho letto che era una saga famigliare ero molto scettica, non ho un gran rapporto con questo genere, o sono tristi o non mi sono mai piaciute quelle che ho letto in precedenza.

Quindi come mai questa volta è diverso? Triste è triste, ma come mai ne sono rimasta invischiata, ancora non mi è chiaro. Fatto sta che l’ho letto in quattro giorni, e con i ritmi che ho è davvero strabiliante.

Ci troviamo a Dublino e ci sediamo a guardare la famiglia Emilianides che sono immigrati ciprioti.
Li conosciamo già al completo: Alexia la primogenita, Mitros il secondogenito è disabile, una malattia nei primi mesi di vita ne ha inficiato la parola, le espressioni e le abilità motorie.
Melina la terzogenita, bambina responsabile e sempre disponibile.
Phillida la mamma, severa ma molto affettuosa con Mitros, lo adora quasi fosse oro.
E infine il papà Ari. Gran lavoratore e molto innamorato della moglie e della famiglia, ma abbattuto perché tutto ruota intorno a Mitros.

Il libro è una lunga conversazione, fatta di digressioni e sui ricordi della famiglia, tra le due sorelle.

Alexia è tornata a Cipro insieme ai genitori, Melina invece è rimasta Dublino ed è trincerata dietro un silenzio assordante. Il primo della sua vita così forte, così doloroso.
Melina ha bisogno di aiuto, ha bisogno della famiglia ma mai come in quel momento Cipro e l’Irlanda sono così distanti.
Alexia è intenzionata ad aiutare la sorella in tutti i modi, nonostante per il padre la figlia sia morta.

Ma cosa mai avrà fatto, di così terribile, Melina?

Lo si scopre piano piano, La Dunne è molto brava a darti la soluzione del mistero in modo lento, ma non snervante, ti aiuta a capire tutti i personaggi, le loro caratteristiche e i loro caratteri e come sono mutati nell’arco della vita.

Il mio personaggio preferito è Melina. L’ho trovato ben strutturato, una donna, una figlia sempre presente, sempre responsabile. Sempre pronta a prendersi cura di tutti: il fratello prima, la madre poi, la sorella Alexia.. ma nel momento in cui è lei ad aver bisogno di aiuto e sostegno, dove sono tutti? Perché nessuno si è accorto che anche lei aveva bisogno di essere vista?
Alexia questo problema non lo ha mai avuto, lei era la ribelle, e questo la faceva vedere, sentire, ma siamo proprio sicuri che fosse lei la ribelle?

Perché quando si passa la vita a prendersi cura degli altri, quando arriva il bisogno di prendersi cura di se stessi non si è in grado di farlo.