Forse non è nemmeno vita, ma possibilità di vita.

Nulla è peggiore del nulla.

Pompa sangue e batte dal diciottesimo giorno: potrei buttarti via?

“Perché mi hai messo al mondo, perché? Io ti risponderò: ho fatto ciò che hanno fatto gli alberi per milioni di anni prima di me, e credevo di fare bene.”

Un uomo non rimane in cinto e, a proposito, dimmi: è un vantaggio o una limitazione? Fino a ieri mi sembrava un vantaggio, anzi un privilegio. Oggi mi sembra una limitazione, anzi una povertà. V’è un che di glorioso nel chiudere dentro il proprio corpo un’altra vita, sapersi due anziché uno.

Bambino, io sto cercando di spiegarti che essere un uomo non significa avere una coda davanti: significa essere una persona.

E’ una parola stupenda, la parola persona, perché non pone limiti a un uomo o a una donna, non traccia frontiere tra chi ha la coda e chi non ce l’ha. Del resto il filo che divide chi ha la coda da chi non ce l’ha, è un filo talmente sottile: in pratica si riduce alla facoltà di poter crescere o no una creatura nel ventre. Il cuore e il cervello non hanno sesso.

Capire che nulla minaccia la tua libertà quanto il misterioso trasporto che una creatura prova verso un’altra creatura, ad esempio un uomo verso una donna, o una donna verso un uomo.

Ma come fanno a dire che l’essere umano è un incidente della natura?

Non è vero che ci si fa l’abitudine, ogni volta è la prima volta.

Non appartieni ne a Dio ne allo stato ne a me. Appartieni a te stesso e basta.

In fondo per certa gente, la vera colpa di un uomo e di una donna consiste nell’amarsi nel letto.

Ti piacerà la mia mamma, ti piacerà perché pensa che senza i bambini il mondo finirebbe.

Solo chi ha pianto molto può apprezzare la vita nelle sue bellezze, e ridere bene. Piangere è facile, ridere è difficile.

L’uguaglianza, bambino, esiste solo dove stai tu: come la libertà.

Un figlio non si dovrebbe mai buttare perché un figlio è un figlio no una cosa.

La mamma non è colei che ti porta nel ventre, è colei che ti cresce. O colui che ti cresce.

E’ solo rispettando se stessi che si può esigere il rispetto degli altri, è solo credendo in se stessi che si può essere creduti dagli altri.

Io non ero ottimista perché non ero coraggiosa.

La maternità non è un dovere morale. Non è nemmeno un fatto biologico. E’ una scelta cosciente.

Laggiù nel nulla non v’è volontà. Non v’è scelta. V’è il nulla. Quando avviene lo strappo ci accorgiamo di incominciare, non ci chiediamo nemmeno che l’ha voluto e se ciò sia bene o male.

Non è vero che non credi all’amore mamma, ci credi tanto da straziarti perché ne vedi così poco, e perché quello che vedi non è mai perfetto.

Uno si consuma per ottenere una ricchezza o un amore o una libertà, si affatica per conquistare un suo diritto, e, quando lo conquista, non ne gioisce.

Ma a chi serve un bambino che muore e una mamma che rinunci a essere mamma?

Il dolore è il sale della vita, e senza di esso non saremmo umani.

Non posso fare a meno di guardarmi intorno ed accorgermi che domani è un giorno colmo di opportunità.

Il sale della vita è la felicita, e la felicità esiste: consiste nel darle la caccia.

Si direbbe che di ora in ora il tormento si affievolisca per chiudersi in una parentesi.

Morto senza sapere cosa significa essere vivo: senza sapere cosa sono i colori, i sapori, gli odori, i suoni, i sentimenti, il pensiero. Mi dispiace per te e per me. Mi umilia.