E’ stato il primo libro di questa autrice e non mi è molto chiaro perché non mi ispirasse. Quando ho letto che era una saga famigliare ero molto scettica, non ho un gran rapporto con questo genere, o sono tristi o non mi sono mai piaciute quelle che ho letto in precedenza.

Quindi come mai questa volta è diverso? Triste è triste, ma come mai ne sono rimasta invischiata, ancora non mi è chiaro. Fatto sta che l’ho letto in quattro giorni, e con i ritmi che ho è davvero strabiliante.

Ci troviamo a Dublino e ci sediamo a guardare la famiglia Emilianides che sono immigrati ciprioti.
Li conosciamo già al completo: Alexia la primogenita, Mitros il secondogenito è disabile, una malattia nei primi mesi di vita ne ha inficiato la parola, le espressioni e le abilità motorie.
Melina la terzogenita, bambina responsabile e sempre disponibile.
Phillida la mamma, severa ma molto affettuosa con Mitros, lo adora quasi fosse oro.
E infine il papà Ari. Gran lavoratore e molto innamorato della moglie e della famiglia, ma abbattuto perché tutto ruota intorno a Mitros.

Il libro è una lunga conversazione, fatta di digressioni e sui ricordi della famiglia, tra le due sorelle.

Alexia è tornata a Cipro insieme ai genitori, Melina invece è rimasta Dublino ed è trincerata dietro un silenzio assordante. Il primo della sua vita così forte, così doloroso.
Melina ha bisogno di aiuto, ha bisogno della famiglia ma mai come in quel momento Cipro e l’Irlanda sono così distanti.
Alexia è intenzionata ad aiutare la sorella in tutti i modi, nonostante per il padre la figlia sia morta.

Ma cosa mai avrà fatto, di così terribile, Melina?

Lo si scopre piano piano, La Dunne è molto brava a darti la soluzione del mistero in modo lento, ma non snervante, ti aiuta a capire tutti i personaggi, le loro caratteristiche e i loro caratteri e come sono mutati nell’arco della vita.

Il mio personaggio preferito è Melina. L’ho trovato ben strutturato, una donna, una figlia sempre presente, sempre responsabile. Sempre pronta a prendersi cura di tutti: il fratello prima, la madre poi, la sorella Alexia.. ma nel momento in cui è lei ad aver bisogno di aiuto e sostegno, dove sono tutti? Perché nessuno si è accorto che anche lei aveva bisogno di essere vista?
Alexia questo problema non lo ha mai avuto, lei era la ribelle, e questo la faceva vedere, sentire, ma siamo proprio sicuri che fosse lei la ribelle?

Perché quando si passa la vita a prendersi cura degli altri, quando arriva il bisogno di prendersi cura di se stessi non si è in grado di farlo.

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *